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Collocazione Impianti Di Demolizione VFU:Rassegna Di Giurisprudenza

Negli ultimi anni si è assistito ad un periodo di confusione normativa e giurisprudenziale in merito alla titolarità del rilascio della competente autorizzazione allo svolgimento dell’attività di autodemolizione e rottamazione dei veicoli fuori uso.

In particolare, il dibattito si concentra su due disposizioni di rango statale (gli articoli 196 e 208 del D.L.vo 152/06) e una previsione di carattere regionale (l’art. 6 della L.R. Lazio 9 luglio 1998, n. 27).

Secondo l’art. 196, c. 1, lett. d) ed e), “Sono di competenza delle regioni, nel rispetto dei principi previsti dalla normativa vigente e dalla parte quarta del presente decreto, ivi compresi quelli di cui all’articolo 195: … d) l’approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione di rifiuti, anche pericolosi, e l’autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, fatte salve le competenze statali di cui all’articolo 195, comma 1, lettera f), e di cui all’articolo 7, comma 4-bis; … e) l’autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero di rifiuti, anche pericolosi, fatte salve le competenze statali di cui all’articolo 7, comma 4-bis”.
Secondo l’art. 208, “I soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio … Entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni della conferenza dei servizi, valutando le risultanze della stessa, la regione, in caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione dell’impianto”.

Ciò premesso, prima dell’entrata in vigore del D.L.vo 152/06, la L.R. Lazio 9 luglio 1998, n. 27 (Disciplina regionale della gestione dei rifiuti), disponeva all’art. 6: “2. Sono delegate ai comuni:
b) l’approvazione dei progetti degli impianti per lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti provenienti dalla demolizione degli autoveicoli a motore e rimorchi, dalla rottamazione dei macchinari e delle apparecchiature deteriorati ed obsoleti e la relativa autorizzazione alla realizzazione degli impianti, nonché l’approvazione dei progetti di varianti sostanziali in corso di esercizio e la relativa autorizzazione alla realizzazione;
c) l’autorizzazione all’esercizio delle attività di smaltimento e recupero dei rifiuti di cui alle lettere a) e b)”.

Stando così le cose, la sentenza del Tar Lazio (Roma), sez. II, n. 13987 del 6 dicembre 2019, ha stabilito che le disposizioni di cui agli artt. 15, comma 3, del D. Lgs. 209/2003 e 6-bis della L.R. Lazio n. 27/98, riguardano l’ipotesi dell’autorizzazione provvisoria alla prosecuzione dell’attività nelle more della definizione della procedura di delocalizzazione e, proprio in considerazione della provvisorietà del titolo, le stesse consentono all’Ente competente (nella specie il Comune, a ciò delegato dalla Regione in forza dell’art. 6, comma 2 lett. b) e c), della L.R. n. 27/98) di provvedere anche nell’ipotesi del mancato rispetto dei soli requisiti relativi alla localizzazione dell’impianto. Diversa è la disciplina contenuta nell’art. 208 del D.L.vo 152/06, ai sensi del quale la compatibilità urbanistica e quella ambientale dell’impianto sono presupposti imprescindibili per procedere al rilascio dell’autorizzazione definitiva.

In questo frangente, è intervenuta la sentenza n. 189 del 7 ottobre 2021 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale (a far data dal 29 aprile 2006) dell’art. 6, c. 2, lett. b) e c) – quest’ultima limitatamente al riferimento alla lett. b) – della L.R. Lazio 9 luglio 1998, n. 27 per violazione dell’art. 117, c. 2, lett. s), Cost. La disposizione regionale in questione delegava ai Comuni il rilascio dell’autorizzazione per la realizzazione e gestione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti derivanti dalla demolizione di veicoli e dalla rottamazione di macchinari e apparecchiature deteriorati e obsoleti. Così facendo, secondo la Corte Costituzionale, avrebbe inciso, senza esservi abilitata da alcuna fonte normativa, su una competenza propria dello Stato nell’esercizio della sua potestà legislativa esclusiva ai sensi dell’art. 117, c. 2, lett. s), Cost., ma si deve escludere che le funzioni amministrative riconducibili alle materie di cui all’art. 117, c. 2, Cost. – conferite dallo Stato alla Regione – possano essere riallocate presso altro ente infraregionale (Comune), comportando così una modifica dell’assetto di competenze inderogabilmente stabilito dalla legge nazionale (D.L.vo 152/06, artt. 196 e 208).
Quali conseguenze, quindi?
Fermo restando che nella sentenza Corte Cost. n. 189/21 non sono state dichiarate incostituzionali altre leggi regionali, ne discende che anche altre società (che non siano quelle di cui alla pronuncia) ed altri comuni del Lazio hanno dovuto prendere atto di quanto stabilito dalla Corte Costituzionale in merito alla dichiarazione di incostituzionalità, perché la sentenza con cui la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale della legge ha efficacia erga omnes, cioè si rivolge a tutti i soggetti e non soltanto quelli direttamente coinvolti dal processo.
Tale sentenza, però, non può essere applicata da altre Regioni, nel senso che qualora esistano altre leggi regionali recanti le stesse previsioni, queste vanno comunque considerate vigenti, valide ed efficaci, non essendo contemplata nel nostro ordinamento l’estensione analogica degli effetti del giudicato (dichiarazione di incostituzionalità) a diverse ed ulteriori disposizioni di legge non toccate dal relativo giudizio.

In seguito si è assistito ad una pioggia di pronunce, tutte ad opera del Tar Lazio. Con la sentenza n. 7771 del 13 giugno 2022, i giudici hanno affermato che la potestà legislativa esclusiva in materia ambientale comporta la legittimazione del solo legislatore nazionale a definire l’organizzazione delle corrispondenti funzioni amministrative, sicché deve escludersi che le funzioni amministrative, già conferite dallo Stato alla Regione, possano essere da quest’ultima riallocate presso altro ente infraregionale quale il comune, comportando una modifica, mediante un atto legislativo regionale, dell’assetto di competenze inderogabilmente stabilito dalla legge nazionale (fattispecie relativa ad attività di autodemolizione e rottamazione).

Con la successiva sentenza del Tar Lazio (Roma), sez. II, n. 850 del 7 gennaio 2023, n. 850, è stato precisato che l’art. 208 del D.L.vo 152/06 attribuisce alle Regioni la competenza ad autorizzare la realizzazione di impianti di smaltimento rifiuti, ivi inclusi gli impianti di autodemolizione. Pertanto, la L.R. Lazio n. 27/98 che delega ai Comuni le funzioni di approvazione dei progetti degli impianti per lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti provenienti dalla demolizione degli autoveicoli a motore e di autorizzazione all’esercizio delle attività di smaltimento e recupero dei predetti rifiuti, si ritiene caducata erga omnes e retroattivamente – dalla entrata in vigore del D.L.vo 152/2006 – dopo la sentenza n. 189/2021 della Corte Costituzionale. I provvedimenti emanati sulla base della legge regionale dichiarata costituzionalmente illegittima devono essere annullati, nonostante fossero legittimi alla data in cui furono adottati.

Più recentemente, con la pronuncia n. 1962 del 3 febbraio 2023, il Tar Lazio ha ribadito che è illegittimo non solo il potere dei comuni del Lazio di autorizzare in via definitiva gli impianti di autodemolizione, ma anche il rilascio dell’autorizzazione provvisoria in pendenza della delocalizzazione dell’impianto di trattamento dei veicoli fuori uso. Anche se la pronuncia della Corte Costituzionale, a ben guardare, nulla diceva sul potere di autorizzazione provvisoria alla prosecuzione attività ex art. 6-bis (che era sempre stata rilasciata dal comune), secondo il Tar Lazio i presupposti dell’art. 6-bis sono gli stessi dell’art. 6 dichiarato illegittimo, quindi – sebbene l’art. 6-bis non sia stato colpito da dichiarazione di incostituzionalità – esso è tuttavia inapplicabile in quanto conseguenza automatica della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 6 a cui è legato da un nesso di complementarietà. Da ciò ne discende che sono illegittimi anche gli atti emessi ai sensi dell’art. 6-bis della L.R. Lazio 27/98.

Da ultimo, la sentenza n. 2322 del 10 febbraio 2023 del Tar Lazio è ritornata nuovamente in argomento in un caso in cui l’attività di autodemolizione di veicoli fuori uso era esercitata da anni in virtù di autorizzazioni provvisorie, sempre rinnovate nel tempo, rilasciate dal Comune. A seguito di presentazione di istanza di autorizzazione definitiva all’esercizio dell’attività ai sensi dell’art. 208 del D.L.vo 152/06, l’amministrazione comunale ha tuttavia rigettato l’istanza di autorizzazione definitiva “per assenza dei requisiti urbanistici e dei requisiti ambientali previsti dalla normativa vigente e, in particolare dall’art. 208 del D.L.vo 152/06 e dal D.L.vo 209/03 per la realizzazione degli impianti di autodemolizione”.
A seguito di ricorso al Tar, i giudici hanno evidenziato come la pronuncia della Corte costituzionale incida (comportandone la non applicabilità) su di una disposizione regionale concernente il riparto di competenza di funzioni amministrative tra due distinti plessi amministrativi, precisando che spetta al plesso amministrativo di livello regionale il potere sul rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione e gestione degli impianti di smaltimento e recupero di rifiuti derivanti dall’autodemolizione e rottamazione di macchinari e apparecchiature deteriorati e obsoleti.
In esecuzione di questa decisione, spetta alla Regione Lazio – e per essa al Commissario straordinario del Governo nominato ai sensi del D.L. 50/22, chiamato ad esercitare “le competenze assegnate alle regioni ai sensi degli articoli 196 e 208 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152” – la riattivazione del procedimento di rilascio dell’autorizzazione provvisoria nel rispetto di quanto stabilito dalla citata sentenza e dalla pertinente normativa vigente.

 

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