Come riportato nella Prassi di Riferimento UNI P.d.r. 107:20211 , si definisce: “emergenza ambientale, un evento che interessa le matrici ambientali quali acqua, suolo e aria e che, per l’ampiezza dei fenomeni e dei rischi di contaminazione dell’ambente richiede un intervento immediato di strutture operative e di mezzi disponibili presso enti e/o strutture pubbliche di riferimento, generalmente strutture SNPA che effettuano interventi di protezione ambientale.”
Ecco alcuni esempi di “emergenza ambientale”:
- scarico/sversamento/abbandono abusivo di sostanze e/o rifiuti e/o materiali inquinanti o potenzialmente tali;
- contaminazioni di corpi idrici superficiali (ad esempio laghi e fiumi);
- scarichi idrici in pubblica fognatura non autorizzati di materiale pericoloso;
- inquinamento dell’atmosfera qualora si manifesti sotto forma di episodi acuti o particolarmente gravi di disagi irritativi oppure olfattivi;
- incidenti ed esplosioni con ricaduta ambientale in insediamenti produttivi e di servizio;
- incidenti con ricaduta ambientale durante il trasporto (incidenti stradali e ferroviari con rilascio di sostanza inquinante);
- incendio di bombole contenenti gas puri (ossigeno, argon, anidride carbonica, ecc.);
- emergenze ambientali connesse ad atti provocati volontariamente;
La segnalazione dell’emergenza ambientale avviene di norma tramite i canali istituzionali, quali ad esempio le amministrazioni comunali, i Vigili del Fuoco, le Prefetture etc. Alcune regioni, come la Lombardia, hanno pubblicato delle vere e proprie Linee guida per le segnalazioni delle emergenze ambientali2 , distinguendo ad esempio tra emergenze che potrebbero comportare l’intervento di ARPA, da quelle che invece non richiedono un’attivazione di ARPA in emergenza.
Nei centri di raccolta e negli impianti di trattamento dei veicoli fuori uso possono, come noto, manifestarsi diverse emergenze ambientali, soprattutto con riferimento all’ipotesi di sversamento accidentale di sostanze pericolose in fognatura o nel suolo. La disciplina di riferimento per evitare simili accadimenti è, in prima battuta, contenuta nell’Allegato I del D.L.vo 209/2003; al punto 2. “Requisiti del centro di raccolta e dell’impianto di trattamento” si precisa che entrambi debbano essere dotati di:“
a) area adeguata, dotata di superficie impermeabile e di sistemi di raccolta dello spillaggio, di decantazione e di sgrassaggio;
b) adeguata viabilità interna per un’agevole movimentazione, anche in caso di incidenti;
c) sistemi di convogliamento delle acque meteoriche dotati di pozzetti per il drenaggio, vasche di raccolta e di decantazione, muniti di separatori per oli, adeguatamente dimensionati;
d) adeguato sistema di raccolta e di trattamento dei reflui, conformemente a quanto previsto dalla normativa vigente in materia ambientale e sanitaria;
e) deposito per le sostanze da utilizzare per l’assorbimento dei liquidi in caso di sversamenti accidentali e per la neutralizzazione di soluzioni acide fuoriuscite dagli accumulatori;
f) idonea recinzione lungo tutto il loro perimetro. f-bis) adeguato sistema di pesatura per i veicoli fuori uso in ingresso al centro di raccolta.”
Il centro di raccolta deve quindi essere strutturato in modo da garantire:
“a) l’adeguato stoccaggio dei pezzi smontati e lo stoccaggio su superficie impermeabile dei pezzi contaminati da oli;
b) lo stoccaggio degli accumulatori in appositi contenitori, effettuando,sul posto o altrove, la neutralizzazione elettrolitica dei filtri dell’olio e dei condensatori contenenti policlorobifenili o policlorotrifenili;
c) lo stoccaggio separato, in appositi serbatoi, dei liquidi e dei fluidi derivanti dal veicolo fuori uso, quali carburante, olio motore, olio del cambio, olio della trasmissione, olio idraulico, liquido di raffreddamento, antigelo, liquido dei freni, acidi degli accumulatori, fluidi dei sistemi di condizionamento e altri fluidi o liquidi contenuti nel veicolo fuori uso;
d) l’adeguato stoccaggio degli pneumatici fuori uso”.
Specifici criteri vengono anche previsti in relazione allo stoccaggio:
“4.1. I contenitori o i serbatoi fissi o mobili, compresi le vasche ed i bacini utilizzati per lo stoccaggio dei rifiuti, devono possedere adeguati requisiti di resistenza, in relazione alle proprietà chimico-fisiche ed alle caratteristiche di pericolosità dei rifiuti stessi.
4.2. I contenitori o i serbatoi fissi o mobili devono essere provvisti di sistemi di chiusura, di accessori e di dispositivi atti ad effettuare, in condizioni di sicurezza, le operazioni di riempimento, di travaso e di svuotamento.
4.3. Le manichette ed i raccordi dei tubi utilizzati per il carico e lo scarico dei rifiuti liquidi contenuti nelle cisterne sono mantenuti in perfetta efficienza, al fine di evitare dispersioni nell’ambiente.
4.4. Il serbatoio fisso o mobile deve riservare un volume residuo di sicurezza pari al 10% ed essere dotato di dispositivo antitraboccamento o di tubazioni di troppo pieno e di indicatore di livello.
4.5. Qualora lo stoccaggio dei rifiuti liquidi pericolosi sia effettuato in un bacino fuori terra, questo deve essere dotato di un bacino di contenimento di capacità pari al serbatoio stesso, oppure, nel caso che nello stesso bacino di contenimento vi siano più serbatoi, pari ad almeno il 1/3 del volume totale dei serbatoi e, in ogni caso, non inferiore al volume del serbatoio di maggiore capacità. Sui recipienti fissi e mobili deve essere apposta apposita etichettatura, con l’indicazione del rifiuto stoccato conformemente alle norme vigenti in materia di etichettatura di sostanze pericolose.
4.6. Lo stoccaggio degli accumulatori è effettuato in appositi contenitori stagni dotati di sistemi di raccolta di eventuali liquidi che possono fuoriuscire dalle batterie stesse e che devono essere neutralizzati in loco.
4.7. La gestione del CFC e degli HCF avviene in conformità a quanto previsto dal decreto ministeriale 20 settembre 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 2 ottobre 2002, n. 231.
4.8. Per i rifiuti pericolosi sono, altresì, rispettate le norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute.
4.9. Qualora lo stoccaggio avvenga in cumuli, detti cumuli devono essere realizzati su basamenti impermeabili resistenti all’attacco chimico dei rifiuti, che permettono la separazione dei rifiuti dal suolo sottostante. L’area deve avere una pendenza tale da convogliare gli eventuali liquidi in apposite canalette e in pozzetti di raccolta. Lo
stoccaggio in cumuli di rifiuti deve avvenire in aree confinate e i rifiuti pulvirulenti devono essere protetti a mezzo di appositi sistemi di copertura.
4.10. Lo stoccaggio degli oli usati è realizzato nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95, e successive modificazioni, e al decreto ministeriale 16 maggio 1996, n. 392. I pezzi smontati contaminati da oli devono essere stoccati su basamenti impermeabili.
4.11. I recipienti, fissi o mobili, utilizzati all’interno dell’impianto di trattamento e non destinati ad essere reimpiegati per le stesse tipologie di rifiuti, sono sottoposti a trattamenti di bonifica idonei a consentire l nuove utilizzazioni. Detti trattamenti sono effettuati presso idonea area dell’impianto appositamente allestita o presso centri autorizzati”.
Il rispetto di tali disposizioni mira quindi sicuramente ad evitare il verificarsi di emergenze ambientali all’interno dell’impianto di trattamento VFU come quelle descritte, disposizioni che, a parere di chi scrive, dovrebbero essere integrate anche con specifiche indicazioni volte alla corretta gestione delle batterie al litio che, come noto, comportano diversi ed ulteriori rischi connessi alla loro gestione, come il rischio chimico, termico ed esplosivo.
Ciò premesso, può verificarsi il caso in cui un “danno ambientale” non si sia ancora verificato ma che esista una minaccia imminente che si verifichi: in tale caso deve essere rivolta particolare attenzione agli obblighi di prevenzione, messa in sicurezza e comunicazione.
L’art. 242, comma 1, del D.L.vo n. 152/2006 stabilisce che: “Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell’inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 304, comma 2”. L’art. 304, comma ai commi 1 e 2, del D.L.vo 152/2006, stabilisce che:
1. Quando un danno ambientale3 non si è ancora verificato, ma esiste una minaccia imminente che si verifichi, l’operatore interessato adotta, entro ventiquattro ore e a proprie spese, le necessarie misure di prevenzione e di messa in sicurezza.
2. L’operatore deve far precedere gli interventi di cui al comma 1 da apposita comunicazione al comune, provincia, alla regione o alla provincia autonoma nel cui territorio si prospetta l’evento lesivo, nonché al Prefetto della provincia che nelle ventiquattro ore successive informa il Ministero dell’ambiente. Tale comunicazione deve avere ad oggetto tutti gli aspetti pertinenti della situazione, ed in particolare le generalità dell’operatore, le caratteristiche del sito interessato, le matrici ambientali presumibilmente coinvolte e la descrizione degli interventi da eseguire. La comunicazione, non appena pervenuta al comune, abilita immediatamente l’operatore
alla realizzazione degli interventi di cui al comma 1. Se l’operatore non provvede agli interventi di cui al comma 1 e alla comunicazione di cui al presente comma, l’autorità preposta al controllo o comunque il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio
irroga una sanzione amministrativa non inferiore a mille euro né superiore a tremila euro per ogni giorno di ritardo (…).
Le singole regioni, di norma, individuano un modello di comunicazione di potenziale contaminazione/minaccia di danno ambientale da trasmettere a tutti i soggetti indicati dall’art. 304.